venerdì 27 agosto 2010

Le figlie di Ananke. Black Light - cap.4

Capitolo 4

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The worst is over now and we can breathe again
I wanna hold you high, you steal my pain away
There's so much left to learn, and no one left to fight
I wanna hold you high and steal your pain.


Anno 2010

Ryker uscì sulla strada e tirò su la cerniera lampo del giacchetto fino al collo. Le luci giallognole dei lampioni distorcevano le ombre su palazzi, sampietrini e angoli di asfalto. Una coppia gli passò accanto chiacchierando di un film e poi sparì verso il ghetto.

Strofinò i palmi delle mani tra loro e si incamminò verso casa. Al centro di Roma, in tutte le strade sembra esserci sempre qualcuno: svoltò più di una volta e incontrò un uomo che camminava di corsa, tre ragazzi che fumavano e una signora con un cane.

Arrivò davanti il portone di casa sua e tirò fuori le chiavi dalla tasca, nell’inserirle notò che qualcosa di molto scuro si rifletteva sulla placca d’ottone. Qualcosa che era al posto della fontana di marmo della piazzetta.

Si voltò di scatto. Qualsiasi cosa fosse, quella sussultò e subito dopo sgusciò dietro a una macchina. Ryker non perse tempo, attraversò lo slargo e raggiunse le macchine parcheggiate. La figura, più nera del nero, si spostò e con un balzo lo oltrepassò e corse in un vicolo buio.

Il ragazzo la seguì, ma nell’ombra quell’essere spiccò il volo e saltò con i piedi da una parete all’altra dei palazzi, fino a raggiungere i tetti, oltre i cornicioni intagliati.

Ryker fissò il cielo e strinse i pugni. «Maledizione», sussurrò a denti stretti. «Io non ti sto immaginando, io ti ho visto. Che roba sei?» Domandò a due piccole stelle sbiadite. Fece un passo indietro e abbassò il mento. «Le chiavi!» Le aveva lasciate attaccate al portone.

Si voltò.

Con un tonfo sordo, qualcosa piombò davanti a lui rotolando: un latrato di cani e un fruscio di ali frementi. Ali. Piume. Si immobilizzò terrorizzato dalla paura. Le due, o forse tre creature a terra erano talmente nere da distinguersi nell’oscurità della strada.

Nel gelo della notte, Ryker provò un’ondata di caldo, seguito da un brivido di freddo, come se lava e ghiaccio si stessero abbattendo sul suo corpo. Non era in grado neppure di richiudere la bocca, mentre le bestie, i mostri o quello che erano, combattevano a meno di due metri da lui.

Poi una delle tre si staccò, si sollevò in piedi e lo guardò. Il nero della sua figura delineava le forme di una donna, tuttavia due grosse ali grigie si spalancarono dietro di lei, lo raggiunsero e, con una forza che lui non avrebbe mai potuto sospettare sulla punta piumata di alcun uccello, lo attirarono al viso femminile.

L’essere aprì la bocca mostrando un ghigno di pura crudeltà.

Un altro rumore sordo. Uno scricchiolio. Un urlo.

Nell’aria una tensione fatta di elettricità, di suoni non udibili a orecchio umano e di un dolore bestiale, si liberò come un’esplosione. Lui, però, non l’avvertì.

«Lascialo andare.» Una voce quasi cristallina provenì da dietro le spalle del mostro, che liberò il ragazzo con un ringhio stridulo e, prima che lui se ne potesse rendere conto, mosse una delle due ali verso il fianco del giovane e lo squarciò.

Lo lasciò e con uno scatto fulmineo saltò, prese la creatura a terra e sparì librandosi nell’aria. Ryker, incredulo, boccheggiò e crollò sulle ginocchia. «Aiuto», pensò di aver gridato. «Aiuto…» Ripeté, ma la voce si spense sulle sue labbra.

Uno spostamento d’aria, un giramento di testa; credeva di essere caduto sul selciato, invece cadeva verso il cielo e le due uniche scialbe stelle nella notte romana. La terra; dov’è la terra? La creatura lo fece sdraiare su un piano sconnesso.

Tegole.

«Ti prego, non…», rantolò.

«Shh.» Dita veloci gli aprirono il giacchetto, sollevarono il maglione e la camicia e infine lo tastarono. «Credevo peggio.»

Un tepore rassicurante gli accarezzò il fianco, come il sole sulla pelle in pieno inverno, solo più denso. Poi, la ragazza - perché lui aveva sempre pensato che fosse una ragazza - posò una mano dove era stato colpito e lo guardò.

Occhi neri come il petrolio, come gli abissi più profondi della terra. Come la notte. Dannatamente umani per via della sclera bianca che faceva risaltare l’iride. «Cosa sei?» Chiese Ryker con voce flebile.

«Mi chiamo Thari.» I suoi capelli argentati scivolarono serici sul volto di lui, mentre lei avvicinava le labbra alla sua fronte, senza toccarla. «Sai di vita.» Disse, e il ragazzo respirò il suo profumo di rose selvatiche. «Potevi morire, ma ora stai bene.» Allontanò il viso da lui, ma non spostò la mano.

«Cosa sei?» Domandò di nuovo Ryker.

Thari aprì e richiuse le ali dietro le spalle. «Secondo te cosa sono?»

«Un… angelo. La morte. Un angelo della morte!» Farfugliò. «Oh, beh, non lo so.»

Lei ridacchiò come una bambina. «A volte gli umani ci hanno chiamati così. Ma siamo demoni. Io sono un demone della rinascita.»

«Per questo mi hai salvato la vita?»

Lei scosse il capo e la sua capigliatura scintillò in un susseguirsi di fili di raso azzurrino. Spostò la mano e analizzò lo strato di pelle trafitto che ora aveva solo una leggera macchia rossa. «Non puoi capire, perché sei umano.»

«Cosa non posso capire?»

La ragazza si sedette sui talloni e guardò i tetti della Città Eterna seguire pigri la linea ondulata dei colli capitolini. Da quel punto, attraverso terrazze, antenne e paraboliche, poteva scorgere la cupola di San Pietro, silenziosa in un giallo penetrante. Le illuminazioni, che dal basso salivano verso la cima dell’enorme basilica, incontravano, oltre agli uccelli notturni, due figure in lotta tra loro: una figlia di Ananke e un Figlio della Luce. «Un demone della rinascita.» Ripeté e si voltò a scrutarlo. «Non della vita; la vita come la intendete voi.»

Lui si sollevò sui gomiti, sbattendo le palpebre. Confusione e incredulità non lo lasciavano pensare in maniera logica; un susseguirsi di domande affollavano la sua mente. «Tu…» non era certo di quello che stesse per dire. «Tu eri al funerale di mia madre. E al cimitero. Ti ho sognata?»

«No.»

Scorse l’estremità di un'elsa spuntare dietro di lei. «Hai portato tu via mia madre? Tu sei la morte.»

Si limitò a fissarlo.

Lui provò una morsa allo stomaco, un peso insostenibile. «Oh, no, sei qui per me, tu… io… mio Dio.»

«Non nominare il nome di Dio invano.» Bisbigliò lei. «E… non sono qui per te. Non proprio.»

Il ragazzo si sollevò a sedere e studiò la ferita rimarginata nella luce fioca. «Cosa vuoi da me?» La voce si incrinò.

«Ryker…»

«Come sai il mio nome?» La interruppe brusco.

Lei allungò una mano verso la sua, ma lui la spostò. «Non sono qui per te. Non nel senso che hai capito: mi incuriosivi e ti seguivo, nonostante sia contro gli ordini. So che mi hai visto un paio di volte, per sbaglio. Io ti ho seguito molte volte in più. Ma tu non devi ancora rinascere. Vedi, gli umani morirebbero per cause naturali, sempre; noi ristabiliamo l’equilibrio. Quando le persone nascono, abbiamo più o meno idea dell’anima che si troverà in quel corpo e sappiamo quando la dovremo prendere e portare a nuova vita. Gli antichi per tanto tempo ci hanno definite Moire, il fato, il destino; sbagliando. Noi decidiamo il momento della rinascita, non il destino.»

Lui la guardò perplesso. «Eri solo una bambina quando hai ucciso mia madre.»

«Quando ho fatto rinascere tua madre» replicò con un suono che vibrò come un diamante «non ero una bambina, sebbene avessi quell’aspetto. E sebbene ora abbia questo. Non abbiamo un’età, non in termini umani.»

Lui piegò le gambe e le incrociò, abbracciandosi per non sentire freddo e facendo attenzione a non guardare verso il basso. «Siete eterni?»

«Solo Dio e Satana sono eterni.»

«Allora esistono davvero? E cosa dice Dio di quello che fate? Di noi?»

«Ryker, non sono interessati alla vostra vita, non come pensate voi: avete il libero arbitrio, è tutto quello che importa loro. È quando rinascerete che avrete importanza per loro; le conseguenze delle vostre libere scelte hanno importanza, nient’altro. Sono il Bene e il Male, lo saranno sempre e non è comprensibile per voi.»

«E com’è questa vita dopo la morte?»

Lei si strinse nelle spalle. «Non lo so.»

Ryker rise, per nulla felice. «Sto facendo un incubo. Non può essere reale, non posso trovarmi quassù con te, con una cosa come te, tu…»

«Io sono reale e non sono una ‘cosa’. E…» si fermò stringendo le palpebre. Con un unico movimento fluido e silenzioso si mise in piedi. «Devo portarti a casa. Non puoi stare qui.»

«Certo che no, sono su un tetto.» Ironizzò.

Thari lo fulminò con lo sguardo e lui pensò che fulminare fosse un eufemismo; una scossa lo percorse in tutto il corpo. «Ne va della tua vita.» Disse alzandolo di peso, senza il minimo sforzo.

«Quella di ora o quella che sarà?»

«Quella di ora.» Rispose lei senza scomporsi. «Ti ho raccontato troppe cose. E non dovevo.» Scivolò dietro di lui e lo afferrò alla vita, poco sopra la ferita. Prima che lui potesse anche solo pensare di protestare, lo strinse e si alzò in volo veloce, ma con un battito d’ali lento e aggraziato.

Ryker chiuse gli occhi aggrappandosi alle sue braccia sottili e forti e li riaprì lentamente poco dopo. Roma si disegnò sotto i suoi piedi, con le sue mille luci notturne, i suoi monumenti magici e il suo fiume scuro, mentre volteggiavano nell’aria; possibile che nessuno li avrebbe visti?

«In questo momento non siamo visibili a occhi umani.» Spiegò lei come se gli avesse letto nel pensiero. Virò e puntò verso il suo palazzo, il suo piano, la sua finestra.

«Ci schianteremo!» Gracchiò impaurito, ma la sua finestra si aprì come se qualcuno li stesse invitando ad entrare, e loro piombarono dentro.

Ryker dovette respirare a bocca aperta e ritrovare l’equilibro appena Thari lo lasciò libero. «Morirò lo stesso. Per cause naturali: infarto.»

«L’infarto non rientra nelle cause naturali.» Lo informò lei pragmatica.

«Ah, no?» Chiese, poggiandosi al muro della sua camera e saggiando la resistenza delle sue gambe.

Lei fece un gesto con la mano. «Lascia perdere. Troppo complicato per uno come te.»

Ryker spostò le dita sulla parete e, senza staccare gli occhi da lei, accese la luce. Entrambi sbatterono le palpebre e Thari chiuse le ali dietro di sé meccanicamente. Indossava un velo nero come il suo corpo, che le copriva il bacino e il seno; non aveva nient’altro, a parte gli anfibi.

Lui fece un passo verso di lei, che ne fece uno indietro. «Hai paura di me, signora Morte?» L’apostrofò con una nota dolce che non aveva previsto.

Lei si morse un labbro color pece, con i denti bianchi come neve immacolata. «Nessun umano mi ha mai vista.»

«Io sì.» Ribatté lui fermandosi a venti centimetri da lei.

Thari sollevò il viso verso di lui, con aria sicura. «Ma non così.» Precisò perdendosi nei suoi occhi azzurri, che le ricordavano i cieli limpidi delle steppe del nord Europa.

«Non così.» Convenne, e le poggiò una mano sulla guancia, in un tocco di seta, ma come se stesse studiando un oggetto, invece che una persona. «Di cosa sei fatta?»

Lei lo fissò come se non avesse udito la domanda. Inchiodata dallo sguardo di lui, si sforzò di celare un’ondata di panico, che non sapeva giustificare. Il suo cuore vermiglio pulsava fremente e rimbombava con mille eco in ogni singola parte del corpo. Spostò l’attenzione oltre le spalle di lui, dove si trovava una foto della famiglia Mancini di molti anni prima: due adulti e tre bambini dai capelli biondo oro e morbidi riflessi di sole. «Sono un demone», rispose quasi in un sussurro «e i demoni sono in parte umani e in parte no. Quello che vedi è un corpo umano con poteri non umani.»

Ryker osservò i suoi lineamenti perfetti, le labbra piene e socchiuse, il naso delicato; sollevò l’altra mano. «E le tue ali?» Domandò toccandole.

«Sono fatte di muscoli, tendini, pelle e piume. Ossa e sangue.»

Se il profumo di rose selvatiche che emanava da quel corpo così scuro fosse stato nettare da bere, lui non ne sarebbe mai stato sazio. Le sfiorò la spalla scoperta. «E la tua carnagione? Troppo sole?» Sorrise.

«È la mia essenza.»

Il ragazzo scostò le dita con uno scatto e lei strinse le labbra, pentendosi di avergli risposto la pura verità. Thari chiuse gli occhi. «Devo andare. Metti sulla tua ferita una pomata per le scottature.» Aggiunse.

«Mi scorderò di tutto questo, vero?»

Tornò a guardarlo e con tre passi lenti, all’indietro, raggiunse la finestra e spalancò i battenti con mani invisibili. Il vento metallico e sferzante di gennaio colpì Ryker, che ancora una volta si strinse nella giacca. «Se avessi tale potere, risparmierei ad entrambi i guai che sicuramente seguiranno a causa di questa notte.»

Con uno slancio saltò fuori, spalancando le ali color cenere.


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Grazie a chi sta seguendo questa avventura. Grazie per i consigli, i pareri e i commenti.

Grazie per i "mi piace" (posso vedere solo l'ultimo nome e solo quelli delle persone che ho come amiche su fb, quindi non so chi siete, ma ne sono davvero felice).

12 commenti:

  1. Bellissimo il momento tra i due in casa di lui.

    Ho adorato: "Hai paura di me, signora Morte?"
    Semplicemente adorato questa battuta. :)

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  2. Anche a me è piaciuto scrivere quel momento, forse è per questo... : )

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  3. Ciao Dilhani, ho letto il prologo e i vari capitoli e ti dico che mi sono piaciuti davvero tanto. ^_^ Il tuo stile è scorrevole, fluido e invoglia ad andare avanti nella lettura, e i capitoli sono strutturati in modo da tenerti sulle spine fino all'ultima riga. Ergo, sono curiosissima di leggere il seguito. :D:D:D Ho apprezzato molto le scene di combattimento di Thari e la descrizione dei vari personaggi. Nonostante si dica che il mondo dei demoni e degli angeli ultimamente è un terreno molto esplorato da tanti scrittori urban fantasy, la tua storia mi piace perché è delineata in modo stupendamente originale! Vai così! ;) Kendra

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  4. Aaaaaahhhhh me li hai fatti incontrare me li hai fatti incontrare, quanto sono belli!!!!!!!!!! Belli belli belli!!!! Meraviglioso questo incontro nella sua sublime semplicità (lei è squisitamente appena pedante!!!)!!!!
    Ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora!!!!!!!!!!!!!!! ;-)~

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  5. Oibò, si fanno le ore piccole!
    (senti da che pulpito)

    ps. Ingorda.
    :D

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  6. Davvero da che pulpito!! Lo so che si scrive bene di notte, specie con questo caldo, ma tocca dormire che ci vuoi fare e se non ce lo fanno fare di giorno ad un certo punto tocca staccare baracca e burattini, almeno quando la creatività ce lo permette!!!
    Io siiii, ingorda ingorda ingorda, specie di cose così belle!!! Non tergiversare: a quanto il prossimo!?!?! E non accampare scuse sai..l'estate sta finendo, settembre è alle porte tutti gli impegni in agguato...scuse!!
    Ok sono peggio di una casa editrice col suo migliore scrittore!! Ma per me lo sei!!!

    ;-)))))

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  7. @Kendra, ma sai che il tuo nome mi piace proprio?! : )

    @SilSaraSun, se mi pubblichi, mi editi e mi distribuisci a dovere, CI STO!!! :D

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  8. .....mmmmm sai che potrei quasi considerarlo un'investimento!?!?....mmmmm ;-))

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  9. Ahahahahahah! Tu hai trovato il tuo nuovo lavoro e io il mio :D

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  10. U A H O!!!!!!!!!!!!!
    "Hai paura di me, signora Morte?"
    Questa mi è piaciuta davvero molto! :D
    Brava Dilhani!! ^_*

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  11. favoloso incontro ,sensuale e a tratti emozionante .

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