martedì 31 agosto 2010

Le figlie di Ananke. Black Light - cap.5

Capitolo 5

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I wonder every day

as I look upon your face, aw huh..

everything you gave,

and nothing you would take, aw huh..

nothing you would take

everything you gave.

Did I say that I need you?

Just Breathe - Pearl Jam



Anno 2010

Il ticchettio monotono dell’orologio tamburellava implacabile nella sua mente. Ryker mugolò schiacciando il cuscino con un pugno. La sveglia segnava le dieci del mattino; era mercoledì e suo padre era a una visita medica con Matteo, mentre Lucrezia era a scuola e lui sarebbe dovuto essere già fuori casa, al ricevimento del suo relatore.

Non era da lui dormire a lungo la mattina, eppure in quel periodo passava le notti tra incubi e insonnia e l’alba tardiva dell’inverno giungeva fin troppo rapida e luminosa.

Si preparò in fretta e raggiunse l’università con la metro, maledicendo il sudiciume della linea B, che sembrava volergli restare sulle dita per giorni interi. Il suo professore gli disse che le vacanze natalizie lo avevano distratto troppo e che avrebbe dovuto fare qualcosa, magari scendere dalle nuvole e tornare in mezzo ai mortali. Ryker pensava che la richiesta fosse quanto meno plausibile.

Rimase in biblioteca, cercando di concentrarsi; un tentativo vano che gli costava una forte emicrania. Gli occhi neri di Thari lo perseguitavano da quando era stato sul tetto assieme a lei. Per non parlare del fatto che non fosse per niente certo di aver vissuto quel momento e tutti quelli a seguire in cui avvertiva fruscii e risatine.

Si era svegliato nella sua camera, il mattino dopo quel primo incontro, certo di aver fatto un brutto sogno. Poco dopo, però, il portiere aveva portato le loro chiavi, raccontando di averle trovate attaccate al portone. La famiglia gli aveva chiesto come fosse riuscito ad entrare in casa senza, e il padre, Massimo, lo aveva accusato di essere tornato a casa ubriaco. Ryker avrebbe voluto rispondere loro qualcosa di sensato, ma dalle sue labbra uscivano solo parole sconnesse.

Non era ubriaco, non aveva neppure bevuto quella sera e, anche fosse stato, non avrebbe potuto aprire la porta di casa con il solo potere dell’alcool. Ma cosa doveva dire, che aveva visto la Morte? Che era volato su un tetto e aveva fatto quattro chiacchiere su il Bene e il Male? Ryker non sapeva a cosa credere: se le sue chiavi non fossero rimaste alla portata di tutti, forse il resto avrebbe avuto un senso. Forse qualcuno lo aveva aggredito per strada, lacerandogli i vestiti e bruciandoli un fianco, ma le sue chiavi erano rimaste là.

Se solo suo padre non avesse avuto una marea di problemi di cui occuparsi, lui avrebbe potuto parlargliene. Non era così, e non gli avrebbe regalato un ulteriore impiccio: un figlio pazzo.

Poco dopo le diciannove, uscì dalla biblioteca e inviò un messaggio alla sorella, avvisandola del ritardo. Decise di percorrere l’ultimo tratto di strada a piedi per non dover aspettare l’autobus.

Durante il giorno aveva piovuto e ora l’aria fredda era umida e sembrava intenzionata a voler raggiungere le ossa di qualsiasi essere vivente. Un sospiro gli uscì vaporoso dalla bocca congelata.

Accelerò il passo, poi qualcosa lo bloccò, come se qualcuno lo avesse trattenuto per la giacca. Si voltò a guardare dietro di sé, ma vide solo una ragazzina imbacuccata e del tutto vestita di viola portare a spasso il cane, che aveva un guinzaglio dello stesso colore. Ryker sorrise, la osservò imboccare un altro vicolo, e tornò sui suoi passi.

Un fruscio veloce raggiunse le sue orecchie e lui si fermò. Uno spostamento d’aria, un altro fruscio. Lui aggrottò la fronte e tese le orecchie. Qualcosa gli sfiorò una guancia, simile a una carezza.

«Thari?» Mormorò.

Gli rispose il gocciolare d’acqua di una grondaia.

Poi un brivido, una frazione di secondo in cui tutto divenne buio - un solo istante - come se la luce si fosse spenta e riaccesa per un abbassamento di tensione. Ryker sbatté le palpebre, pensando che l’impressione fosse quella che lo spostamento d’aria fosse dentro di lui. «Thari, sei tu?» Ripeté, e si sentì uno sciocco.

Stava impazzendo. Aveva le traveggole, sentiva rumori, vedeva la Morte, si sentiva pedinato. Stava diventando matto, come le persone che si vedono nei thriller o negli horror. Sarebbe finito da uno psichiatra; lui… l’unico che aveva superato indenne la morte della madre. Forse non era andata proprio così. Forse adesso manifestava ciò che per anni aveva taciuto, il suo squilibrio era rimasto latente e ora veniva a galla; in fondo i suoi fratelli non erano normali.

Ryker provò una fitta di dolore a quel pensiero. Il cuore gli salì in gola. Paura e rabbia, come infinite punture di spilli nel petto. Si obbligò a correre verso casa, ma non appena allungò un passo qualcosa lo fece cadere.

I palmi delle mani strusciarono a terra e bruciarono, lui le girò e le guardò con il respiro corto. Irrigidita dal freddo la pelle si era subito spaccata, sanguinando. I guanti, la crema, non usava mai nulla. Ma a cosa sto pensando? Ryker si guardò intorno, il fruscio insistete, la sensazione che avrebbe potuto piangere come un moccioso. Cercò di fare un respiro profondo.

«Lasciami in pace...» La voce carica del panico che lo stava divorando.

Una folata di vento, un battito d’ali e di nuovo tornò ad ascoltare il gocciolare secco dell’acqua piovana.

***

Il termometro segnava 36,6 gradi. Ryker sbuffò.

Era a letto e sentì che suo padre stava lavando i piatti, compito che avrebbe dovuto svolgere lui. Incubi e traveggole lo perseguitavano e la sua famiglia lo guardava preoccupata pur non sapendo cosa stesse vivendo. Lanciò un pugno al cuscino, come faceva spesso, e rimase a sentire i rumori della casa, fino a che Massimo Mancini non uscì dall’appartamento con passo claudicante.

Non aveva la febbre, quindi si alzò per fare una doccia calda. In camera si vestì con insofferenza e poi cercò di sistemare la stanza; stava rimettendo dei libri su uno scaffale quando un brivido di freddo lo colpì alla schiena.

Si voltò e trasalì. «Thari!»

«Ciao. Non volevo spaventarti.» La finestra si richiuse senza emettere suoni.

Lui strabuzzò gli occhi; il battito ancora accelerato. «Non volevi… Porca miseria, che stai combinando? Non potevi bussare al vetro?»

«Prima che tu potessi vedermi e aprire, mi avrebbe visto tutto il tuo quartiere.»

Indicò la porta. «La prossima volta bussi da là.»

Thari pencolò sulle gambe. «Ti va di uscire? Non mi trovo a mio agio qui. Devo parlarti.»

Ryker poggiò le spalle alla parete e premette tra gli occhi con le dita. Era mattina e già aveva l’emicrania. «Ancora non capisco se sto sognando. Portami dove vuoi.» La finestra si riaprì. «Oh, no; dimmi che non dobbiamo volare.»

Volarono.

Il corpo di Ryker rigido tra le braccia di Thari, l’aria frizzantina che pizzicava la pelle, il cielo terso che brillava infinito sulla città. Roma sembrava un animale in collera, una districata distesa di vene pulsanti, dal respiro spezzato; giaceva turbolenta nel prato verde e tutt’intorno la neve. La neve dei monti laziali, silenzioso guanto a cingere la rabbia.

Prima di poter osservare il mare a ovest, i piedi del ragazzo toccarono una superficie dura. Thari non lo lasciò e lo poggiò con straordinaria delicatezza sulla parte più alta del Colosseo.

«Devi sempre scegliere posti così alti?» Si lamentò Ryker.

Lei gli mostrò un sorriso; la dolcezza che illuminava il suo viso scuro. «Soffri di vertigini?»

«No.» Rispose troppo velocemente. Guardò un gruppo di turisti adolescenti ai piedi dell’anfiteatro. «Ecco, non vorrei finire spiaccicato in mezzo a quella bolgia di ragazzini urlanti. Le nuove generazioni sono insopportabili.»

Lei si sedette, obbligandolo a fare lo stesso. «Non finirai spiaccicato da nessuna parte.»

Ryker sospirò, tentando di liberare il polso dalla stretta di lei, la quale, però, non lo lasciò. «Starò anche diventando matto, ma posso farcela.»

«Ne sono certa. Tuttavia se perdi il contatto con me, risulterai visibile a tutti, allora sì, che tutti penseranno che sia matto a startene tutto solo in cima all’anfiteatro Flavio.» Fece penzolare i piedi oltre il bordo esterno del monumento e guardò Ryker incrociare le gambe e poggiare il palmo sul travertino. Lei liberò il suo polso e poggiò la propria mano su quella di lui.

«Quindi dobbiamo toccarci sempre?» Domandò Ryker osservando la loro differenza di colore. Lei parve in imbarazzo, allora lui proseguì cambiando discorso. «Che cosa volevi dirmi? Che sono pazzo perché parlo con la Morte

«Non sei pazzo. Sei solo venuto a conoscenza di un mondo che gli umani non dovrebbero conoscere.» Rispose con semplicità. «Anzi, direi che l’hai presa piuttosto bene.»

«Così bene che farei il bis.» Le lanciò un’occhiataccia.

Lei piegò il capo, e rimase in silenzio. I capelli scivolavano nell’aria, scomposti; le coprivano parte del volto, avevano il candore della neve e come neve brillavano di azzurro e d’argento sotto il cielo. La pelle nera, alla luce del giorno, assumeva dei riflessi più chiari come fosse ossidiana. Ryker notò che a differenza di Helina, la pelle di Thari non era una tonalità scura del marrone, bensì del grigio.

«Mi piace quello che provi per la tua famiglia.» Disse lei osservando un gabbiano volteggiare nell’aria. «Tu sei un umano strano: ti dedichi a loro senza volere nulla in cambio, mai. Non ami la tua famiglia perché è perfetta, perché ti fa ridere e ti permette un dialogo; non la ami perché ti lascia libero o perché devi. La ami perché non puoi fare diversamente, nutri un sentimento che trovo difficile assaporare su questa terra. Non è l’amore che alcune madri provano per i figli, è qualcosa di diverso. Ed è intenso, riempie il tuo essere.»

Ryker aveva aggrottato la fronte, nel tentativo di comprendere cosa il demone stesse dicendo. «Beh, sai, la morte di mia madre…»

«Lo eri anche prima.» Lo interruppe con dolcezza. «Lo sei sempre stato, hai sempre avuto questo amore puro per loro; il desiderio implacabile di dare il tuo meglio per essere d’aiuto.» Thari strinse le labbra. «È per questo che ti seguivo. La percezione di ciò che provi, di quello che vivi, mi affascina, mi invade. Io sono figlia di un umano e rendermi visibile mi permette di avvertire meglio alcune sensazioni.»

«Perché?»

Si strinse nelle spalle. «Non lo so. Da quando sono nata non ho mai conosciuto nessuno come me. Sono figlia di un uomo di questa epoca.»

«Quale epoca?»

Lei mosse una mano a disegnare un semicerchio intorno a loro. «Questa. Quella che conoscete voi. In altre epoche, epoche che voi neppure immaginate, ci sono stati figli come me, che nascevano dall’incontro di esseri umani e demoni. Ma i demoni hanno compiti precisi, incomprensibili agli umani e gli umani impazziscono facilmente, così è stato vietato ogni legame. Quando mia madre ha infranto questa regola, non erano ancora previste conseguenze. Ora sono stata io a infrangerla e ci sono conseguenze ben precise. Se nessuno avesse saputo, avresti potuto continuare a vivere la tua vita e io la mia. Se il capo delle milizie dovesse venirne a conoscenza, tu potresti salvarti con una perdita di memoria di ciò che sai, tuttavia in quel caso io non avrei più la possibilità di agire su questo piano dell’esistenza; sul piano umano. Perderei l’essenza di ciò che sono, come figlia di Ananke, come demone della rinascita. Di fatto, perderei la parte più importante d me.» Thari fece una pausa. Scrutò l’espressione concentrata di lui, le ombre della confusione. Osservò i riflessi biondi tra i capelli color cenere e sperò che lui potesse comprendere almeno in parte. «Al momento, il capo delle milizie non ne è a conoscenza, ma alcuni demoni lo hanno saputo. Questo vuol dire che si sentono liberi di poterti dare fastidio.»

«Sono loro a perseguitarmi quando sono solo?» Chiese lui a voce bassissima.

«Sì. Ed è il minimo: quello che potrebbero fare può andare molto oltre. Non abbiamo molto tempo a nostra disposizione: passiamo l’esistenza a far rinascere umani, e a seguire coloro per cui è stato stabilito una morte non naturale, per studiare i loro comportamenti, la loro anima, per studiare il modo più giusto di farli rinascere.»

«Ci meritiamo il modo migliore per morire?» Domandò sorpreso Ryker.

«No. Il modo migliore per noi.»

«E per te il modo migliore per far morire mia madre era un cancro all’utero? Una malattia durata più di cinque anni?»

Thari fu investita dalla collera di lui, dal dolore e l’odio. Era l’odio, in una persona che non lo aveva mai provato, a farla fremere. Premette la mano su quella agitata del ragazzo per non lasciarla andare.

«Perché? Dimmi almeno perché?» Lo sguardo mesto negli occhi blu aveva un sapore amaro.

«Ryker», mormorò, «non farmi domande di cui non vuoi conoscere la risposta. Non sei in grado di comprenderle, non puoi farlo. Posso dirti solo che le sofferenze che vivete, alcune di esse, non sono frutto delle vostre azioni. Non sono io a decidere quando una persona deve rinascere, né il modo in cui avviene. Noi riportiamo quello che vediamo e altri decidono come e quando dobbiamo agire.»

«E tu non puoi smettere di farlo? Non sai il dolore che provochi?» C’era ancora rabbia nella sua voce.

C’erano figlie di Ananke che sul momento di far rinascere alcune persone, non trovavano la forza. Erano là, accanto a loro, ma poi se ne andavano lasciando la loro fragranza di rose selvatiche, senza terminare il lavoro per cui erano nate e subendone tutte le conseguenze. Lei non sapeva cosa volesse dire. «Smetteresti di respirare, se sapessi che fa male a qualcuno?»

Ryker rimase in silenzio, lo sconcerto sul viso, il battito accelerato. «Perché mi fanno questo? Perché lo trovano divertente?»

Thari abbassò il mento. «Per alcuni di noi è divertente e…» si morse un labbro. «È un modo per prendersela anche con me?»

«Con te?»

«Mio padre era un umano: è come se mi mancasse qualcosa, come se non fossi una di loro. Ho un compito che, per alcuni, non mi spetta. Ho commesso un errore, e non avrei mai dovuto farlo, lo pagherò caro.» Posò di nuovo lo sguardo su di lui. «Mi dispiace, Ryker, non volevo farti questo. Loro non si comporteranno bene con te e non so a cosa dovrai andare incontro.» Negli occhi tremò una luce di dispiacere e disprezzo. Disprezzo per se stessa.

Lui la fissò, tentando di districarsi in quel groviglio di emozioni: rabbia e frustrazione, la paura che si arrampicava nel suo corpo come edera opprimente e ondate di vertigini che si abbattevano su di lui graffiando e ruggendo. Non ultimo un senso di tenerezza. Tenerezza per quel demone dalla pelle corvina, che avrebbe potuto essere una qualsiasi ragazza sincera e bellissima sotto i raggi del sole. Tuttavia non lo era: era un demone della rinascita, della morte, che aveva portato via sua madre, lo aveva seguito per anni e ora aveva rovinato la sua vita e la sua sanità mentale. E gli altri demoni, ora, Dio solo sapeva cosa gli avrebbero fatto. «Non serve a nulla pregare?» Chiese in fine.

Lei strinse le palpebre, senza capire se fosse un tentativo di cambiare argomento. «Dipende.»

«Oh, fantastico!» Il ragazzo guardò accigliato i giardini del Monte Oppio sollevarsi fin quasi alla loro altezza.

«Pregare per chiedere qualcosa non serve a molto, non c’è nessuno ad ascoltarti. Ma pregare con il cuore serve alla costruzione della vita che sarà. Se preghi con sincerità, sarà la tua anima a beneficiarne, non il tuo corpo.»

Ryker fece un gesto brusco con la mano libera, come a dire di lasciar perdere.

«E sono ascoltate le preghiere contro la possessione degli umani.» Continuò lei. «Per evitare di essere posseduti o per far andare via chi possiede un corpo umano.» Spiegò.

«Ah, sì? E cosa hanno di particolare queste preghiere?» Chiese in tono scettico.

«Non si possono possedere gli umani: viola il libero arbitrio.»

Lui scosse il capo. Come se non volesse accettare o non volesse più capire altro. «Ora che mi hai detto queste cose, cosa vuoi che faccia? Cosa vuoi da me?»

Un fruscio sordo. «Perdinci Bacco, le mie ali giungono al momento appropriato.»

Ryker trasalì, mentre due occhi spaventosi lo fissarono, all’improvviso, da molto vicino.



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Avviso tutti che i miei personaggi stanno iniziando a muoversi da soli, ma li riacchiapperò!

Per chi non lo sapesse, si dice che quando avviene un miracolo si senta profumo di rose, o di fiori in generale.

Il Colosseo è fatto di travertino, ma non so con certezza se il bordo superiore sia della stesso materiale, se sia stato usato -nel tempo- intonaco color travertino (come in altri punti) o se addirittura sia fatto di qualche altro materiale. Non sono riuscita a trovare informazioni in merito.

Grazie a chi sta seguendo questa avventura. Grazie per i consigli, i pareri e i commenti.


12 commenti:

  1. E me lo interrompi così!?!?!? SEI UNA CRIMINALE ASSASSINA!!!! Il pezzo in cui lo perseguitano nel vicolo, giuro, mi ha fatto venire i brividi!! Povero Ryker, ma gli faranno del male gli altri demoni?!?! Ma Thari non era venuta per la sorella di lui!?!? E, perdona la domanda, probabilmente è stupida, ma vuol dire che lei è figlia di uno dell'epoca dei gladiatori!??!
    Mi sento un ryker quando lei spiega, sai!!?!? Ma sono io eh!! Quando ci sono i gialli più ovvi io sono sempre l'ultima a capire chi era il colpevole!!;-)))
    Bello bello, dimmi che non ti sono sfuggiti al punto che mi molli così e chissà quando posterai il seguito!! Dimmi che non è così, ti pregooooo!!!

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  2. WUAUA!! Non ti risponderò neanche a una domanda!!!
    Però no, mi sfuggono nel senso che fanno quello che accidenti pare a loro, quasi peggio dei personaggi di N.T.!
    :D

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  3. No no no no crudelissima!!! Come nemmeno ad una domanda?!??! Cattiva cattiva cattiva!!!!
    Ti prego ti prego ti pregoooooo!!!!
    Spietata!! ecco cosa sei!!
    Ok va bene mi calmo, ma ti prego dimmi che non mi farai aspettare tantissimo per il prossimo capitolo!!!!
    Però sei grande!! Sul serio!! Le descrizioni fanno respirare Roma e i dialoghi non sono mai scontati o banali!! Sei grande!!!
    ;-))

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  4. Grazie! : )

    Sai che invece a me questi dialoghi sembrano sia scontati che banali?? Auhmmmmm

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  5. No no no no ti assicuro che non lo sono mai!!! Ti appaiono banali perchè tu ti sarai studiata le risposte nella tua testa un miliardo di volte ed allora ti sembrano trite e ritrite ma ti assicuro che non è affatto così!! Davvero, altrimenti te lo direi!!!;-)))

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  6. Sì, hai ragione, forse è perché io già so cosa si diranno...
    Lo so che me lo diresti ;) Ad ogni modo sarebbe bello avere tanti pareri, anche negativi, cioè sapere che a qualcuno non piace e soprattutto PERCHé; così, per vedere la cosa anche da una diversa prospettiva. Temo però che quelli che passano a lasciare un commento siano solo quelli a cui piace...

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  7. Beh, intendiamoci, mi piace avere pareri positivi, però che so, se ci fossero venti commenti di persone diverse e una o due di queste a cui non piace...
    Vabbè, stasera mi sto facendo i film.

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  8. Capisco cosa intendi però credo che tu debba solo aspettare un pochino!! Un pubblico più vasto del tuo blog potrebbe portare anche a quello che dici tu ma ci vuole un po' di tempo e pazienza!! Non affrettare i tempi!! Fidati le critiche arriveranno fin troppo presto!!!
    ;-))

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  9. Eh, eh, se sono costruttive sono ben accette, considerando che non ho un editor/correttore di bozze che mi bastona ; )

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  10. Io fino ad ora non ho trovato davvero qualcosa che non mi piace o non mi suona o non mi sembra verosimile, altrimenti te lo direi, con le dovute maniere, ma te lo direi.

    per esempio anche i dialoghi non sono per niente sembrati banali né scontati.
    poi sai cosa?
    é anche strano leggere un pezzo, poi aspettare, poi leggerne un altro... nel senso un po' ti dimentichi quello che hai letto prima, perdi un po' il filo. pero' io non ci trovo niente da ridire davvero fin'adesso.

    la storia inizia ad entrare nel vivo poi. :)

    ma cosa intendi davvero con "i personaggi fanno quello che vogliono" ?
    non sei la prima autrice che lo dice, riesci a spiegarmi un po' meglio in che senso?

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  11. Sì, in effeti questa cosa del perdere il filo la capisco, ma è pur sempre un'esperienza quella di... scrivere "in diretta"!

    Ho risposto alla tua ultima domanda qui http://dilhaniheemba.blogspot.com/2010/09/agosto-se-ne-andato-e-i-miei-personaggi.html

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  12. davvero emozionante ,ormai ci sono dentro ....

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