martedì 24 gennaio 2012

Le figlie di Ananke. Black Light - cap.12


Capitolo 12

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I know you’ll be a star

in somebody else’s sky,
but why,
why, why,
 Can’t it be, can’t it be mine?





Il silenzio era un tormento inaudito. E durava da troppo tempo.
Lei aveva voglia di vivere, vivere come un’umana, sentire l’umanità della sua pelle, del suo sangue. I battiti di un cuore vermiglio, in un corpo nero come la notte; e invece tutto sarebbe finito.
Ora che ti ho trovato, ora che mi hai trovata.
Thari sospirò.
Era relegata nella dimensione dei demoni, in attesa, a meditare sulle leggi infrante. Troppe.
Poi lo scalpitio di piccoli piedi dentro scarpe morbide riecheggiò nella sua camera. Finalmente un rumore. Una donna entrò attraversando il grande arco che dava verso ovest, la luce rosata del sole brillò sui capelli corvini.
«Madre…», mormorò Thari con un piccolo, impacciato inchino.
L’altra piegò il capo in un breve segno di saluto. «Ciao, Vanth». Aveva una voce dolcissima, calda, che usciva dalle labbra rosate con piccole note tondeggianti, quasi si potessero toccare. «È tanto tempo che non ci vediamo. Mi dispiace.» Fece un passo verso di lei, ma Thari si allontanò, spostandosi; nell’aria pulviscoli dorati danzarono allegri.
Abbassò appena gli occhi.
«Non sono quella che gli umani definiscono una madre presente, vero?»
Thari fissò lo sguardo sulle tende color pesca. «Non sei neppure umana, se è  per questo, madre.»
«No, non lo sono. Ma conosco l’umanità da un tempo molto lungo, conosco anche le loro critiche.» Sorrise mostrando un’espressione deliziosa. «E conosco le loro emozioni, la loro forza, il loro potere su di noi. Loro…»
«Lo sapevi?», la interruppe sua figlia, brusca.
Ananke la guardò incerta. La pelle liscissima, color noce, sembrava brillare d’oro.
«Sapevi che sarebbe successo, che avrei fatto questa fine, che prima o poi avrei fallito.»
L’altra scosse il capo. «No. Non potevo saperlo; nemmeno tu potevi saperlo, Vanth. Nessuno ha questo potere e quello che sei, quello che sei oggi, tutte le tue azioni, non nascono dal tuo sangue.» Aprì una mano e con grazia indicò intorno a sé. «Si ostineranno sempre a sostenere il contrario, tuttavia non è così. Siamo demoni: siamo umani anche noi, in parte; e tu, tesoro, non hai fallito. Hai fatto le tue scelte e le hai fatte con il cuore.»
Thari piegò il capo e lo scosse forte. «No, non è così. Io…» Strinse i pugni. «Io ho le ali, ho la pelle nera, vivo la dimensione dei demoni; io provo piacere nel far rinascere gli umani. Ma il mio sangue è rosso.»
«Non fare quest’errore, figlia mia, non fare l’errore che fanno tutti: non guardare solo fuori. È dentro che devi scoprire chi sei e cosa desideri; non ti dirò che sia facile, ma prova a farlo.»
La ragazza scosse ancora la testa, con meno forza. «È tutto così complicato, lo è sempre stato. Desidero solo una vita semplice: rispondere alle esigenze del mio corpo e a quelle del mio cuore, ma farlo mi ha portato a perdere tutto.»
Sua madre sollevò leggera una mano e le accarezzò una guancia. «Lo so; per me la vita è stata assai più facile, eppure ho dovuto fare le mie scelte e, nelle nostre lunghissime vite, di scelte bisogna farne molte.» Gli occhi cangianti di Ananke la scrutarono, passando dal nero al viola e infine all’azzurro. «Tuo padre», continuò facendo un passo indietro e guardando le tende anche lei, «è stato  uno dei pochi che ho amato: non sarei stata con uno sciocco, effimero umano, se non lo avessi amato. So che questo ha portato alla tua sofferenza, più della mia e mi dispiace dire che non rimpiango ciò che abbiamo vissuto.» Per un attimo lo sguardo si perse lontano nel tempo, poi tornò a posarsi sulla figlia. «Le leggi oggi sono altre, forse più giuste, io non ho il diritto di sindacarle. Desideravo solo dirti che sei frutto dell’amore. E che per quanto ristrette, hai la possibilità di fare delle scelte anche tu; cosa desideri di più di tutto in questo momento?»
«Salvare Ryker.»
«Non gli accadrà nulla: quando il capo delle milizie parlerà con voi, lui perderà la memoria di questi ultimi eventi e tornerà alla sua vita.»
Con uno scatto Thari si allontanò di nuovo. «Non è questo il punto: si tratta di Lucrezia; se la farò rinascere, lui impazzirà. È così difficile da capire?»
«No, non lo è. Ma a te importa così tanto se lui impazzirà o meno? Non ricorderà nulla di tutto ciò.»
In risposta, Thari le rivolse un’occhiataccia che non avrebbe potuto permettersi, trattandosi di Ananke, ma la donna non si scompose né glielo fece notare. Sospirò. «Hai due giorni per riflettere su ciò che più desideri.»
«So già cosa desidero. Ma nulla dipende da me», replicò la ragazza con meno foga.
«Sì, è piuttosto evidente; tuttavia, come dicevo, non è vero che nulla dipende da te.» Sua madre fece un passo indietro; gli occhi si tinsero di un tenue verde acqua. «Rifletti a fondo, Vanth, perché esiste un modo e quel modo dipende solo da te. Se seguirai alcune strade, forse io potrò aiutarti; ma quelle strade le devi prendere da sola»

***
Thari rimase immobile, così come solo un demone poteva fare. Poi, delle mani nere e amiche la toccarono sulla spalla, prima di darle un buffetto rapido su una gota tesa.
«Ah, dolce mesto sguardo, tenera infante. Mi hai chiamata?» Iside aprì le braccia, senza attendere risposta.
E Thari non rispose se non gettandosi in quell’abbraccio. Si tennero strette, ma non troppo a lungo perché il tempo a loro disposizione era pochissimo. «Perderò tutto», mormorò la ragazza sulla spalla dell’amica. «Perderò le mie qualità di demone e con essa una parte di me, sarò relegata a un mondo in cui non potrò avere contatti con gli umani, in cui non potrò seguire le loro vite. E perderò Ryker perché dovrò far rinascere sua sorella.» Soffocò un singhiozzo e si allontano da Iside. «Avrei desiderato avere più tempo, avrei desiderato fargli capire chi ero davvero, chi siamo noi figlie di Ananke: avrei voluto fargli capire che a volte siamo anche degli angeli custodi.»
Iside dondolò la testa.
«Beh, è così che li chiamano gli umani, ma era complicato; è sempre stato complicato con loro, le nostre logiche sono… oh, Iside», mormorò. «Ho sbagliato tutto, così come tutti mi facevano sempre presente; alla fine hanno avuto ragione loro.»
«Lo pensi davvero?»
Thari si strinse nelle spalle, lisciandosi la stoffa del suo gonnellino. «Ananke dice che non dipende dalla mia natura.»
«Ananke non permette alle menzogne di invadere le sue labbra».
Thari annuì e prima di continuare si asciugò le lacrime dal viso, quindi alzò il capo con più decisione. «Nostra madre mi ha detto di riflettere perché esiste un modo, credo alludesse a Lucrezia, tuttavia io… non lo conosco. Come posso farla rimanere sulla terra ancora a lungo?»
L’altra sbatté le palpebre.
«Mi ha detto di riflettere a fondo, che dipende solo da me, da ciò che desidero. I giorni sono passati e io non ho compreso. Lei non ha voluto dirmi nulla, nessuno ha voluto dirmi nulla; so che c’è qualcosa che non mi è stato detto, forse perché sono Mezzosangue?»
Di nuovo l’amica sbatté le palpebre.
«Iside!», la voce di Thari uscì con un lamento strozzato. «Tu lo sai? Iside, ti prego, se lo sai dimmelo. Qual è questo modo, perché nessuno vuole dirmelo?»
Il demone deglutì e si voltò.
«Sono pronta a tutto e tu sei mia amica, l’unica che io abbia, perché ci metti tanto a dirmelo? Rimangono pochi minuti.»
E proprio allora uno dei messaggeri del capo delle milizie la chiamò.
Iside gli lanciò un’occhiata, quindi afferrò un polso a Thari. «Non vorrei proferir parola proprio perché siamo strabilianti amiche, perché siamo sorelle, ranocchietta, tu incarni la sorella migliore che si possa possedere e noi ne possediamo fin troppe.» La guardò in quegli occhi così umani, così diversi dai suoi. «Ti perderò in ogni caso, le mie membra brameranno infinito odio e terribile vendetta, quando non sarai più meco. E se ora dalle mie labbra uscisse la verità, codesta vendetta sarà ancora peggiore.»
«Per favore…», supplicò Thari, senza capire.
Il messaggero si schiarì la voce, ma Iside non smise di parlare.
«Te lo dirò», sussurrò, «perché possiedi il diritto di scegliere; solo per questo.»



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A volte resuscito....

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