mercoledì 25 gennaio 2012

Le figlie di Ananke. Black Light - cap.13


Capitolo 13

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I find the love
that I know that I miss.
I lost my love, my life,
that night.







L’alta tecnologia dei demoni e di tutte le creature superiori invadeva la sala rossa del giudizio. Un’architettura dell’antico Oriente rendeva all’occhio umano un complesso insieme di arte e comodità. Passato e futuro. Ma in quel momento nella sala era presente un unico umano ed era, fra l’altro, semicosciente.
Thari si morse l’interno della guancia nel guardarlo ancora una volta, chiuso in una gabbia invisibile, lo sguardo perso. Ryker aveva passato gli ultimi giorni in uno stato catatonico e non solo per i poteri derivati dai demoni: era come se lui stesso non accettasse nulla di tutto ciò.
Tuttavia l’unica ad esserne preoccupata era Thari.
Gli altri presenti si erano appena tranquillizzati perché si era sparsa la voce che il Principe delle Milizie Superiori fosse di buon umore e ben disposto nei confronti di tutti; non che di solito non lo fosse, però ogni demone sapeva che odiava scendere in quel livello e faceva rispettare le sue leggi con una severità indifferente.
Un demone, in forma di bambino umano dai capelli rossi, annunciò l’entrata del capo delle milizie e, per alcuni istanti, Thari pensò di gridare. Invece rimase in silenzio, osservando la luce che entrava da dietro le pesanti tende bordeaux.
Una luce acquosa, chiara, in grado di muoversi nell’aria, nello spazio, nel tempo come una bolla di sapone che brilla di luce propria. La cosa più bella che ognuno di loro avesse mai visto; e anche la più temibile: nella sua bellezza, quell’essenza incuteva un timore atavico.
«Messaggeri delle milizie, Ananke, figlie di Ananke e Figli della Luce, benvenuti», salutò.
Le sue parole si diffusero nell’etere senza voce, una semplice, dolce vibrazione che raggiungeva le menti di chi gli era davanti. Un pubblico che si chinò di fronte a lui per alcuni attimi.
Ryker rimase immobile, gli occhi sgranati, la sensazione di avere qualche essere dentro di lui: sebbene potesse vedere e udire, percepiva quell’essere, qualsiasi cosa fosse, come se risiedesse dentro di lui. Fece un passo indietro, quando si sentì guardato da quella creatura inumana, nonostante quella non avesse un paio d’occhi in alcun punto.
Scontrò la schiena contro la sua gabbia invisibile e rimase a fissare il Principe delle Milizie, che ora parlava con voce soave, lenta, quasi una carezza. Benché la testa gli dolesse, tentava di ascoltare con attenzione.
Anche Thari ascoltava e non perse una parola né del discorso del capo, né del resoconto dei Messaggeri. La vita di lei, da quando era nato Ryker, venne raccontata con un’infinità di dettagli, narrando di lei, della famiglia Mancini, di Iside, di Sekhmet, di ogni mortale e immortale che aveva avuto un ruolo in quella storia.
Oltre alla voce cadenzata dei Messaggeri, vi era il silenzio assoluto e il respiro di Ryker.
«In questo processo», concluse uno dei Messaggeri, «si ritengono colpevoli Vanth Kriera Nefthari, Hskateltre Mpteri Iside, Sekhmet Neseret  e altre due Figlie di Ananke, già rinate, e un Figlio della Luce, già rinato anche lui. I Messaggeri delle Milizie lasciano la parola al giudizio del Principe delle Milizie.»
Sull’essenza acquosa passarono vari colori, prima che si muovesse con un movimento fluido verso Sekhmet, che si inginocchiò. «Figlia di Ananke, sei accusata di aver rischiato la rinascita non programmata di Ryker Mancini, qui presente. Come ti dichiari?»
Il demone abbassò il capo, chinandosi in avanti, e i suoi lunghi capelli sfiorarono il pavimento. «Non colpevole, Principe», rispose senza esitazione.
Thari aggrottò le sopracciglia guardandola; era in piedi a qualche metro da lei. Tra di loro si trovava Iside, che ora si chinava come aveva fatto la loro sorella di fronte alla luce splendente. «Figlia di Ananke, sei accusata di aver fatto rinascere un Figlio della Luce in una battaglia non autorizzata. Come ti dichiari?»
«Non colpevole, Principe», replicò anche lei senza tentennamenti.
Il capo delle milizie si avvicinò a Thari, senza commentare, nessuno poteva conoscere i suoi pensieri e i suoi voleri. La ragazza fissò quella luce bella e inquietante per alcuni istanti, quasi volesse comprenderne l’essenza; come lei, tutti la ignoravano, e mai l’avrebbe conosciuta nelle sue profondità, neppure ora che la sua vita da demone della rinascita stava per finire.
Si genuflesse e piegò il capo attendendo la domanda. «Figlia di Ananke, sei accusata di aver fatto rinascere due tue sorelle. Come ti dichiari?»
«Colpevole, Principe.»
Vide l’occhiata di dissenso che le aveva lanciato Iside e chiuse gli occhi.
La luce non si mosse: come tutti già si aspettavano, rimase davanti alla ragazza. «Sei accusata di aver mostrato il mondo superiore a un umano. Come ti dichiari?»
«Colpevole, Principe.»
L’ombra vibrò appena. «Figlia di Ananke, sei a conoscenze delle conseguenze di questo atto?»
«Sì, Principe.»
«Sai che perderai il tuo compito di Demone della Rinascita, alla fine del tuo ultimo compito e che il tuo corpo subirà delle modifiche? Sai che non potrai più varcare la dimensione degli uomini?»
Lei si morse un labbro. «Lo so, Principe», mormorò.
«Figlia di Ananke, Vanth Kriera Nefthari, sei accusata di esserti innamorata di un umano, di averlo indotto a ricambiare il tuo sentimento, di avere avuto rapporti sessuali con lui e di aver quindi violato una delle leggi più importanti delle relazioni tra uomini e demoni. Come ti dichiari
«Non mi ha indotto», biascicò Ryker schiacciato sul muro della gabbia che esisteva solo per lui.
Il capo delle milizie non badò a lui; nel corso di tutto il processo lo aveva guardato solo una volta e riteneva che le sue parole non fossero  importanti. La protesta, qualsiasi essa fosse, non giungeva alla luce densa, ferma nella sala, come se non avesse proferito parola.
Thari, però, aprì le palpebre e sollevò il capo. Lui aveva gli occhi cerchiati, in respiro appena ansimante, le mani premute su qualcosa che solo lui sentiva. I loro sguardi si incontrarono e lei si sentì stringere lo stomaco. Tornò ad abbassare la testa.
La colpa. L’amore.  «Colpevole. Principe.»
Senza una parola, la luce divenne azzurrina e poi rosata, mentre raggiungeva il posto di partenza. Per molto tempo, cadde un silenzio rotto solo dall’ansimare del ragazzo.
Poi il demone bambino si avvicinò alle tre donne demone e si librò nell’aria raggiungendo l’altezza dei loro visi.
«Hskateltre Mpteri Iside, Sekhmet Neseret, siete ritenute colpevoli e per questo non potrete portare a termine i vostri compiti per cento cicli solari, né potrete entrare nel mondo degli umani per un intero ciclo solare», disse con la sua voce da bambino che risuonò delicata in tutta la sala.
Iside e Sekhmet non si guardarono, nell’estrarre le proprie armi e consegnarle al piccolo demone. Il bambino prese le spade bianche e le fece dissolvere nelle sue manine chiare e morbide; quindi si mosse verso Thari, mentre le due donne si allontanavano dal punto in cui erano state fino ad allora.
«Vanth Kriera Nefthari, sei colpevole di aver infranto una delle leggi universali delle relazioni tra uomini e demoni, di aver mostrato il mondo superiore a un umano, di aver fatto rinascere due tue sorelle, Figlie di Ananke, e per questo motivo dovrai lasciare per sempre il ruolo di demone della rinascita, il corpo che ora ti appartiene e non potrai più accedere al mondo degli umani; questo da quando l’ultimo umano a te affidato sarà stato fatto rinascere, e quindi tra undici cicli solari.»
Thari annuì fissando gli occhi smeraldini del bambino, poi inspirò, proprio mentre il demone stava per tornare sui suoi passi. «Aspetta», sussurrò. Sollevò gli occhi sulla luce ora bianca, bianchissima. «Principe… Principe delle Milizie, io ho…», la voce le tremò. «Io ho una richiesta da farvi.»
Tutti gli occhi si voltarono verso di lei, occhi profondi, dai diversi colori, tutti inumani. La luce acquosa sembrò deformarsi un poco, prima di spostarsi nella sala e raggiungerla; le girò attorno e lei si costrinse a rimanere con la testa alta.
«Ebbene, quale richiesta?»
La ragazza strinse i pugni un paio di volte, manifestando il suo umano nervosismo. Si voltò a guardare Iside, in piedi accanto a Ryker e senza la sua spada. L’amica piegò il capo da un lato e le fece un sorriso che non raggiunse gli occhi liquidi.
Thari lanciò un’occhiata al ragazzo, che con la fronte aggrottata e i capelli scompigliati seguiva la scena senza batter ciglio, come se nonostante lo stordimento, cercasse di rimanere vigile. «Principe, mi è stato ricordato che, quando un demone della rinascita non vuole far rinascere un umano, può rifiutarsi di farlo.»
La luce si fermò. Thari vide sua madre, Ananke, annuire e incrociare il suo sguardo. Ryker emise un mugolio, pensando che finalmente quell’essere era sorpreso da qualcosa.  
«È vero. E ti hanno anche ricordato, demone della rinascita, le conseguenze di tale gesto?»
«Sì, mio principe», rispose Thari con voce più sicura. «Ne conosco le conseguenze e sono pronta ad accettarle a favore della vita umana e attuale di Lucrezia Mancini, sorella di Ryker Mancini, qui presente. Affinché non rinasca se non per cause naturali.»
Thari sapeva che la stavano fissando, ed era anche abbastanza certa che il principe stesse facendo altrettanto.
Ryker grugnì appena e allungò una mano per toccare un’ala di Iside,  benché la gabbia lo bloccasse. «Che succede? », le domandò, «che vuol dire? Cosa faranno a mia sorella?»
Iside gli lanciò un’occhiata incomprensibile.
Il bambino demone svolazzò nell’aria con il suo volo innocente e i messaggeri delle Milizie lo seguirono, passando in due file accanto a Thari, che senza una parola li seguì.
Poi la ragazza ci ripensò, creando un certo mormorio nella stanza. Raggiunse Ryker. Solo lui era bloccato da quel muro invisibile, sicché lei allungò una mano, per prendere quella di lui.
«Tua sorella vivrà», sussurrò, pur sapendo che tutti, lì dentro, potevano sentire.
Ryker si rilassò e le sorrise, stringendole la mano a sua volta. «Hai visto, alla fine è stato facile; mi dispiace se non potrai più… »
Thari gli poggiò un dito sulle labbra. Gli occhi azzurri, la pelle chiara, la purezza dei suoi sentimenti, l’imperfezione dell’essere un semplice umano. «Torna a casa, Ryker, prenditi cura della tua famiglia, come hai sempre fatto.»
Lui sbatté le palpebre; un senso di vuoto gli attraversò le viscere. Il tuo amore mi ucciderà. «E tu cosa farai?»
Thari gli accarezzò il viso con la punta di un’ala, notando con la coda dell’occhio il bambino demone fluttuare verso di lei con i suoi folti capelli cremisi. «Non importa: non ricorderai niente di tutto questo.»
Ora che ti ho trovato, ora che mi hai trovata.
Ti perdo.
Lo lasciò e seguì il demone; non si voltò mai.
Di nuovo Ryker si schiacciò sulla gabbia, per seguirla con lo sguardo, perché all’improvviso gli parve tutto privo di logica. Non voleva dimenticare, anche se lo aveva detto. Voleva ricordarsi tutto, ricordarsi di lei, di loro due. Una sottile rabbia impotente gli fece stringere i pugni.
«Iside, fai qualcosa!»
Lei lo fulminò, tuttavia lui non demorse.
«Non posso dimenticare tutto questo»
«Invece lo farai», quasi ringhiò mentre alcuni Figli della Luce lasciavano la stanza in fila indiana.
«Oh, ti prego», quasi piagnucolò. «Allora, ti prego, promettimi, Iside, per favore, prometti che, per tutta l’eternità che dovete vivere, le ricorderai quanto la amo. Io non gliel’ho detto, io…»
Lei fece un gesto con la mano. «Sei libero», disse solo e fece per allontanarsi. Ryker afferrò Iside per un braccio e la strattonò.
Ma dovette lasciarla: il demone lo guardò con quei due occhi che sembravano due anguille e sulle palpebre si affollavano lacrime umane. Lacrime di dolore. Lacrime che lui non comprendeva. «Che c’è? Sai qualcosa che io non so?»
«Non dovrei dirtelo, ma sono già stata condannata e le tue membra non ricorderanno, idiota di un infante.» Le lacrime uscirono oltre i bordi delle ciglia.
I demoni potevano piangere.
Qualcosa nel cuore di Ryker si spezzò. «Cosa? Iside, cosa?»
«Non hai compreso, stupido umano? Thari ha donato la sua vita per quella di tua sorella.»
Ryker indietreggiò, quasi lo avessero colpito nello stomaco; mille domande gli affollarono la mente, tumultuose. Perché? Perché? Perché?
Tentò di respirare e recuperare un battito normale, il cuore gli pulsava nelle viscere; cercò di tornare vicino ad Iside, pronto a riempirla di quesiti ai quali doveva rispondere. Non avrebbe accettato scuse.
Ma la luce acquosa, fluida e intensa, brillò, si espanse in tutta la sala e Ryker dovette coprirsi gli occhi.


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