mercoledì 25 gennaio 2012

Le figlie di Ananke. Black Light - EPILOGO


Epilogo

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‘Cause I am your lady
And you are my man
Wherever you reach for me
I'll do all that I can






Anno 2011
Il dottor Filippo Martini scrisse un appunto sul suo quaderno prima di sollevare lo sguardo sulla sua paziente in attesa. Batté la penna due volte sulla scrivania in legno massello e si decise a guardarla.
Lei invece distolse lo sguardo fissandosi le mani. Era stata la sua paziente più difficile da quando aveva iniziato a lavorare e lo era stata per tutto il team che l’aveva seguita e continuava a seguirla. Timida, impaurita dal mondo e spesso impacciata, ora stava finalmente sbocciando. Lentamente.
Tuttavia non era quella la sua particolarità: era la sua famiglia e la sua memoria, o meglio, la sua completa mancanza di memoria. E in questo, non era progredita.
L’incidente automobilistico da cui era scampata sembrava non averle spezzato un capello, eppure ne era uscita con un deficit inimmaginabile: una ragazza perde ogni ricordo di ventuno anni di vita. All’inizio era stato un vantaggio, perché la sua famiglia era morta nel rogo e di loro non era rimasto nulla, lei non li ricordava e non aveva sofferto, poi però il dolore era arrivato. Il dolore di non sapere chi si è stati per ventuno anni, e il fatto che fosse straniera non era certo d’aiuto: la casa in cui viveva era nuova, non c’erano ricordi, solo qualche mobile, degli scatoloni con dei vestiti e dei quadri ancora imballati.
Il resto della sua vita era stato identificato da una carta d’identità -che riportava luogo di nascita straniero e cittadinanza italiana- e un diario segreto, nel quale lei non si ritrovava.
Il dottor Martini trattenne un sospiro e si alzò. «Vieni, ti accompagno alla porta», le disse aggirando la scrivania. Di solito la visitava in ospedale, perché lei non poteva permettersi delle spese, lui però, aveva trovato il suo caso tanto interessante da non preoccuparsi di riceverla in studio; e ormai l’aveva a cuore.
«Hai già segnato il prossimo appuntamento?»
«Sì, dottore.»
Lui aprì la porta. «Bene, allora non ti preoccupare. Come ti ho già detto non c’è nulla da temere.» Ed era vero, perché, se nulla migliorava, nulla neppure peggiorava. Il suo era un semplice mistero; irrisolvibile. «E se serve, non esitare a chiamarmi.» Le sorrise e le diede un buffetto sulla guancia come faceva con la figlia la mattina quando l’accompagnava a scuola. «È una bella giornata, fatti una passeggiata. E fai un buon pranzo.»
La ragazza obbedì. Si incamminò per i vicoli assolati della città mangiando un pezzo di pizza, con passo lento; lavorava in uno studio medico dove la donna che da anni faceva la segretaria era in maternità, ma quel giorno aveva preso permesso e poteva camminare tranquilla per un bel po’, prima di tornare a casa.
Nel suo diario c’era scritto che amava fare fotografie, ma non aveva macchinette fotografiche, così a volte rimaneva a guardare dei punti immaginando di poterli ritrarre; forse avrebbe dovuto disegnare, se lo ripeteva da un po’ ed era certa che avrebbe iniziato a farlo molto presto.
Sul suo diario aveva anche scritto che partiva per una meta lontana, che non sarebbe tornata indietro, ma che lei e la sua famiglia ne erano felici. In un appunto laterale aveva scritto che sua madre le aveva salvato la vita. Aveva fissato quella frase a lungo, un sacco di volte, eppure nulla le era tornato alla mente; chissà a cosa si riferiva.
Erano troppe le cose che voleva sapere e che non avrebbe mai saputo; ormai ne era certa.
Beh, pazienza, devo pensare al futuro, si disse, come faceva sempre. Camminò per un po’, poi arrivò nella piccola piazza Mattei e si sedette sul bordo di un grosso vaso tondo, ad osservare la Fontana delle Tartarughe.
«Ehi», gridò qualcuno, «ehi, vieni qui!»
La ragazza si girò in tempo per vedere un grosso cane dal pelo color sabbia venire verso di lei; la bestia abbaiò e poi ringhiò. Lei aggrottò la fronte, impaurita, però si piegò un poco in avanti e disse: «Ciao, cagnolone.»
«Mars! Vieni subito qui», un ragazzo spuntò da un vicolo.
Lei non perse d’occhio il cane, che aveva smesso di abbaiare. «Ciao, Mars», lo salutò con dolcezza, ma senza toccarlo.
Il ragazzo li raggiunse. «Scusami, di solito lo porta a spasso mia sorella, ma è in vacanza con le amiche, così l'ho portato a lavoro e ora non vedeva l'ora di uscire, mi è sfuggito.  Ti ha toccato? Ti sei spaventata?»
Lei scosse il capo e sollevò il viso. «No, si è solo fermato a guardarmi.» Il suo sguardo incontrò gli occhi azzurri di lui e per alcuni secondi rimase a fissarlo. «Io… ti conosco», disse incerta.
Lui piegò appena un po’ il capo, scrutando gli scurissimi occhi di lei, la pelle come il cioccolato, i capelli neri sciolti sulle spalle, il naso piccolo. «Sì, ti ho vista da qualche parte», rispose infine, piegandosi ad accarezzare il proprio cane, senza riuscire a smettere di guardare la giovane.
Lei sorrise, un sorriso dolcissimo. «Ho capito: ti ho visto dal dottor Martini, qualche volta.»
«Oh, è vero, ora mi ricordo di te. Sei spesso da lui»
Lei annuì. «Sì, il dottore è molto interessato alla mia perdita di memoria.» Fece una smorfia gentile.
«Anche alla mia», replicò lui sedendosi accanto a lei. «Ho dei vuoti di memoria su un periodo di prigionia di cui non ricordo nulla e vari buchi sparsi del periodo precedente, ma a quanto pare il mio cervello sta benissimo.»
Lei osservò le sue labbra alcuni istanti, non era certa di voler parlare dei suoi problemi, ma lui sembrava un tipo cordiale. Sul proprio diario aveva scritto di non fidarsi di nessuno, ma di seguire il cuore.
Sorrise a quel pensiero da ragazzina e tornò a concentrarsi su di lui. «Abiti qui?»
«Sì, qui vicino.»
«Anche io», replicò con voce cristallina. «Beh, possiamo andarci a bere qualcosa, ogni tanto, così ti racconto la mia assurda storia.»
Lui fece una risata bassa e calda. «Più strana della mia?»
«A giudicare da ciò che mi ha detto l'equipe dei medici che si è presa cura di me, temo di sì.»
Mars scodinzolò, annusandole una scarpa. Il ragazzo le porse la mano. «Allora per me va bene. Io sono Ryker Mancini.»
Lei abbassò il viso a guardare la mano chiara di lui, prima di offrirgli la propria. «Io sono Nefthari Kriera.»

***
«Ciao, Iside; che c’è?»
«Si sono ricongiunti. No, che blatero, si sono parlati, le loro bocche si sono…»
«Doveva succedere prima o poi.»
«Orbene, mi sono quasi emozionata.»
«Iside, non puoi stare nel livello umano, e non puoi emozionarti per queste cose; o cacceranno via anche te. Anzi, lo hanno già fatto. E io non ti aiuterò a uscirne.»
«Ne sono a conoscenza, madre. Gioisco della salvezza che hai concesso alla mia amata sorella.»
Ananke le rivolse un’occhiata indecifrabile. «Vanth ha scelto da sola la sua strada, ha scelto da sola di dare la sua vita al posto della ragazzina; il fatto che questo, per una figlia di  un umano, significhi poter scegliere tra rinascere o abbandonare questa dimensione per diventare un’umana, beh, non l’ho deciso io.»
«No, ma tu lo rimembrasti a tutti. Non lo avresti fatto con noi altre.»
La donna sorrise. «Sì, è vero, ma voi altre non siete figlie di umani.»
«Non siamo prole dell’amore», la corresse il demone.
«Oh, Iside, per favore, sparisci. Non mi piace avere nulla a che fare con le mie figlie. Su, vai, io e te non abbiamo nulla da dirci.»
«Perdinci Bacco, madre! Me ne vado, me ne vado. La mia mirabile presenza non è ben voluta, e io andrò a piangere in qualche altro loco per le scarpe umane che mi son negate.»


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Ringraziamenti


Un grazie di cuore a tutti i lettori che hanno seguito la storia sul mio blog e perdonatemi se per la fine avete dovuto attendere così tanto. Spero ne sia valsa la pena.
Grazie quindi a chi mi ha linkata e rilinkata, commentata e messo "mi piace". In particolare grazie a Claudio Cordella, Faith, Flyingpaw, Manu, Nasreen, Sam e SaraSunbeamBlack.
Grazie a Luca Tarenzi, che mi ha corretta per quanto possibile, lo apprezzo davvero.

2 commenti:

  1. Sigh è finito... perché?!?!?!?
    Allora da me non riceverai nessun tipo di linciaggio^^ Il finale mi è molto piaciuto!

    P.S.: ho iniziato il tuo libro, lo adoro^^

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  2. Sono contenta, Fly, alla fine non è stato così pessimo :p

    Per il libro... poi fammi sapere ; )

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