Il cielo è vellutato
di stelle,
s'innalza la luna
dal faggio
e la sua alba
m'illumina il viso,
sorride al mio
dolce pensare
mentre la mia
anima
macina
universi di domande!
agosto '00
Il cielo è vellutato
di stelle,
s'innalza la luna
dal faggio
e la sua alba
m'illumina il viso,
sorride al mio
dolce pensare
mentre la mia
anima
macina
universi di domande!
agosto '00
Strinse le palpebre osservando il sole rossiccio morire oltre le colline, tolse l’ultima maglietta dal filo appeso in mezzo al giardino e si osservò le dita piccole e affusolate, riponendo i panni nella bacinella. Cristine sorrise, le piacevano le sue mani e le piaceva il suo giardino pieno di rose; a breve anche i glicini avrebbero riempito la sua casa con il loro profumo delicato, e in maggio tutto sarebbe scoppiato in mille colori.
Cristine aveva tutto.
Cristine aveva tutto ciò che desiderava avere ed era diventata ciò che aveva sempre sognato di diventare. Sorrise nuovamente. Eppure il suo stomaco si contorceva e il suo cuore pulsava troppo forte. Eppure ora non funzionava tutto così bene.
Lanciò uno sguardo all’orizzonte; il sole non c’era più, solo un cielo color sangue che le mise i brividi. O forse a spaventarla era stato quel rumore oltre i nespoli, verso il campo di grano. Rimase immobile, così come il giardino. Pensò che non c’era neanche un filo di vento e questo le fece aggrottare la fronte. Posando la bacinella nella veranda, pensò di andare a vedere se qualche volpe o donnola si fosse avvicinata. Oltrepassò il piccolo orto e uscì dal cancello posteriore, poi, scrutando la piccola strada sterrata, raggiunse il campo di grano, allora udì un rumore leggero come un miagolio, seguito da un fruscio. Si girò rapida, ma vide solo la sua casa e quella dei vicini. Rimase a guardare le nuvole nere che si alzavano sul resto della città e pensò di aver fatto bene ad aver ritirato i panni. Udì di nuovo quel rumore, però, adesso, si era stufata: doveva essere qualche gatto o qualche animaletto, non aveva più tempo da perdere, doveva tornare a casa: in pochi minuti si stava facendo buio e ancora non aveva pensato alla cena.
Non fece in tempo a fare un passo che un muro di fuoco si alzò d’avanti a lei.
Cristine sgranò gli occhi scuri.
Fece un passo indietro e un’ondata di paura le strinse lo stomaco, mentre una parete di fuoco alta due metri si ergeva lungo la stradina sterrata, coprendole la visuale sulle abitazioni e, di fatto, separandola da tutto, eccetto il campo di grano. Si sforzò nel tentativo di richiudere la bocca che aveva spalancato. Si scoprì lucida nel riflettere che più a sud passava il fiume e che avrebbe dovuto correre laggiù per oltrepassare il fuoco. Cominciò a correre presa dal panico, pensando alla fine del mondo e sentendosi terribilmente lenta.
Poi lo vide
Un piccolo angelo nero con le ali rattrappite, senza piume.
Sbatté le palpebre. Forse sto sognando.
Non si chiese se quell’essere avrebbe potuto salvarla: l’iride violaceo negli occhi rossi, che poteva distinguere già da lontano, le provocò un conato di vomito. Si bloccò ansimando e allora urlò il nome di qualcuno e chiese aiuto. Non voleva dare le spalle a quella creatura, ma quando quello fece per avvicinarsi, tornò sui suoi passi senza pensarci; a gran velocità. Sentì la bocca asciutta, le gambe tremare, e il caldo del fuoco che aumentava; vedeva solo un infinito prato scuro, e sentì una voce, qualcosa che le rimbombò nella testa, un cupo FERMATI.
Non si fermò, però inciampò sulle pantofole e poi sentì quel suono svelto, uno spostamento d’aria e solo dopo un dolore lancinante lungo la schiena. Senza sapere come, si voltò, rotolando sull’erba umida e bruciacchiata al tempo stesso e si ritrovò faccia a faccia con l’essere.
***
Non aveva espressione, solo quel fuoco negli occhi. Digrignò i denti lasciando scoperti dei lunghi canini.
«Io…non credo nei vampiri.» Balbettò Cristine.
SCIOCCA, NON SONO UN VAMPIRO. Rispose la sua mente.
«Cosa sei?»
L’essere deglutì tirando su la testa priva di capelli e le sferrò uno schiaffo potente sul volto.
Cristine crollò a terra, sentì in bocca il sapore metallico del sangue e le lacrime le offuscarono la vista. Si accorse della pioggia, che scendeva leggera dal nulla. Dorata come una magia.
SEI TU AD AVERMI CHIAMATO.
«Io non...»
TU HAI VOLUTO Ciò CHE NON POTEVI.
TU HAI DESIDERATO Ciò CHE NON DOVEVI.
La ragazza gemette.
L’angelo nero la fissò negli occhi e lei si sentì soffocare. Lui respirava forte, velocemente, ma non sembrava stanco, la pelle oliata e viscida era verde scuro, e c’erano strani riflessi blu. Forse doveva essere sporco, sicuramente in quel momento non importava.
«Non so di…»
NON PUOI MENTIRE A TE STESSA.
Senza alcun preavviso, con un movimento rapido le ficcò un lungo bastone sotto il seno, dal basso in alto, e Cristine pensò che sarebbe morta; ebbe un sussulto.
GUARDA.
Ma Cristine non guardò, Cristine sentì o forse intuì e basta. «Erano solo fantasie…», mugolò.
DESIDERAVI.
Lei osservò il bastone sotto il suo petto, non riusciva a capire come non le avesse trapassato il cuore in tale posizione. Morta. Doveva essere morta. «Non ho fatto nulla.»
VOLEVI CIò CHE NON POTEVI.
«Era solo un pensiero. Non ho fatto nulla. Cosa vuoi da me?» La voce le si incrinò in un tremito.
TU MI HAI CHIAMATO.
TU CERCAVI ALTRO.
TU HAI TRADITO.
TU DESIDERAVI.
L’angelo le conficcò gli artigli nella pancia; Cristine rimase a bocca aperta, non riusciva a sopportare quel dolore. La sua vestaglia rosa con i fiorellini blu, che le aveva regalato la madre, era infangata, insanguinata e strappata in più punti. Cercò di tirarsi sui gomiti, ma l’essere grugnì quasi con malizia e la immobilizzò con una forza invisibile. Il sangue di lei pulsava scivolando sulla pelle liscia e, sotto il seno, il bastone, che sembrava perfettamente inserito nel cuore, provocava una sensazione indescrivibile. Piacere e dolore. Un dolore parossistico. «Uccidimi.» Sussurrò.
MAI!
Sorrise beffardo e inclinò il capo verso di lei, inesorabile.
VIVRAI. SENZA DI LUI.
E Cristine vide strapparsi via il cuore e poi una luce, la più bella che avesse mai visto. Le lacrime, il sangue, l’odore della terra bagnata, la sua pelle bianca, tutto sparì in un lampo.
***
Si rigirò nel proprio letto. Un uomo dagli occhi dolci la fissava. «Amore…»
«Ho fatto un incubo.» Replicò lei con voce impastata.
Lui le regalò il sorriso paziente e canzonatorio che lei amava. «Dopo aver corso come una matta sotto il diluvio, mi pare il minimo.»
«Oh.» Fu tutto ciò che riuscì a dire.
Le accarezzò il viso con la punta delle dita. «Non ti preoccupare. Non hai neanche la febbre. Riposati.»
Cristine si riposò. Dopo quella notte si sentì stranamente tranquilla e rilassata, e con il passare del tempo si dimenticò di quell’incubo.
Una sera, dopo una doccia, guardandosi allo specchio e sorridendo alla sua immagine riflessa, notò, sotto il seno sinistro, una cicatrice violacea.
La ragazza sussultò e si sentì all'improvviso terribilmente vuota.
Un fermo immagine
su questo tempo.
Aspetto la fine di un altro fallimento,
scruto il futuro inventando colori,
inebriante sapore
di coriandolo in fiore.
E stringo le tue mani
nel buio tremante.
Oltre i vetri appannati
la vita muore,
sorrisi e silenzi
sotto strati di lana
inafferrabile ticchetio lento,
disegnami l’equilibrio del cuore!
dicembre '06
Le note dolci di un qualche basso, le risate disperse di qualche comitiva lontana, un'aria fresca sulla pelle soffice, qualche lucciola che si confonde con le stelle. Respiri piano, ora.
Tienimi stretta, mentre sorrido.
Amo.
Sollevo disordini e passioni,
ironiche emozioni,
una lacrima
dispersa sul sorriso
di stasera.
Ami.
Questa volta chiudi
gli occhi e
lasci a un bacio
conquistare la tua mente.
Noi.
No, non tremo;
ma,
però...
Oniriche immagini
di carezze soffuse
e baci scarlatti.
Sorridi stasera,
fuori il mondo di sempre.
Stringimi, assaporami,
riempimi ancora,
il gelo ci dipinge,
ma le mie dita
sono calde stanotte...
ottobre '08